lunedì 20 dicembre 2010

APPELLO IN OCCASIONE DELLA DEFINIZIONE DELLE LINEE GUIDA REGIONALI PER GLI IMPIANTI AD ENERGIA RINNOVABILE.

Bologna, 6 Dicembre 2010.




Gentili Signore ed egregi Signori,

come portavoce per l'Emilia Romagna della neo costituita Rete della Resistenza sui Crinali, che coordina le ormai migliaia di cittadini dei comitati contro gli impianti eolico-industriali che stanno proliferando senza regole e con inadeguati controlli da parte della Pubblica Amministrazione nell'alto Appennino, mi permetto di rivolgervi un urgente appello.

Proprio in questi giorni l'Amministrazione dell'Emilia Romagna è impegnata a definire le linee guida regionali in materia di impianti ad energia rinnovabili, come previsto dalla delega contenuta nelle linee guida nazionali, finalmente pubblicate, dopo tanti anni di attesa, nell'autunno scorso.

Purtroppo dobbiamo constatare, almeno ad una prima impressione, che la volontà della Giunta regionale non appare improntata all'auspicato rigore nè, tanto meno, è tale da tranquillizzarci per ciò che riguarda la limitazione al minimo strettamente indispensabile di impianti così impattanti.

Paradossalmente questo è in aperto contrasto con la tendenza della legislazione nazionale, recentemente modificatasi in seguito all'enorme numero degli scandali succedutisi negli ultimi mesi, agli innumerevoli titoli dei giornali ed alle ripetute inchieste televisive (le ultime delle quali, recentissime, di "Report" una settimana fa e di "Crash" due giorni fa alle quali la nostra rete ha fornito un contributo) e soprattutto di fronte alla rivolta delle popolazioni coinvolte, in tutto il territorio nazionale, nelle brutali conseguenze negative degli enormi aerogeneratori, fino a questo momento sottaciute all'opinione pubblica.

Faccio riferimento in particolare allo schema di decreto legislativo sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili reso pubblico la scorsa settimana ed ai lavori in Commissione Ambiente della Camera per l'approvazione di un testo unificato sulla disciplina in materia di realizzazione di impianti eolici, lavori che ci piace pensare almeno in parte scaturiti dall'incontro di Bologna con il Presidente della Commissione Ambiente On. Angelo Alessandri, da noi organizzato il 30 aprile scorso.

Ripeto, per chi non le avesse ricevute, le osservazioni da noi fatte in occasione della diffusione del testo (comunque non definitivo, ma sintomatico di una tendenza in atto volta a salvaguardare le bollette dei cittadini ed il territorio, finora sacrificato) dello schema di decreto:

"Va chiarito per prima cosa che il testo verrà modificato più volte, ma pare improbabile che la filosofia alla base dello schema verrà stravolta (a patto che non vengano sciolte le Camere, ovviamente: a questo punto è molto probabile che torneremmo daccapo)...

Il motivo ispiratore pare essere quello di soddisfare comunque il disposto dell'Unione Europea, ma allo stesso tempo di risparmiare le risorse dei cittadini consumatori e delle imprese italiane.

Ed ecco quindi la principale novità: il regime dei certificati verdi finirà in breve. La quota d'obbligo massima fissata per il 2012 al 7,55% di energia "pulita" da produrre od acquistare per chi produce energia "sporca" è stata confermata, ma negli anni immediatamente successivi tale quota diminuirà rapidissimamente fino a sparire del tutto nel 2015. Per gli impianti che entreranno in funzione dopo il 1/1/2013 sarà previsto un nuovo, duplice sistema di incentivazione, distinto per potenza:

1) Per gli impianti di potenza inferiore ai 5 MW verrà corrisposta (probabilmente e come da molti previsto) una tariffa fissa di tipo feed-in (ancora da determinare).

Ed ecco la grande novità:

2) Per gli impianti più grandi di 5 MW, quelli che più ci interessano e preoccupano, l'incentivo verrà fissato sulla base di un'asta al ribasso. Da qui la necessità, non esplicitata nello schema, di una programmazione governativa delle quote da assegnare ogni anno distinte per fonte energetica. In questo modo potranno realizzare impianti solo le aziende più efficienti che sceglieranno i siti più produttivi per il vento. Tutto questo va nella direzione da noi auspicata in questi anni, fatta salva la potenza installata per l'eolico suggerita dal PAN (12.000 MW) che appare comunque eccessiva. Ma questa non è una novità.

Perciò si tratterà di resistere all'assalto selvaggio degli speculatori più disperati (quelli che hanno fatto richieste di allacciamento alla rete solo per l'eolico per quasi 100.000 MW pari a quasi il doppio della potenza massima necessaria all'Italia per i propri consumi di energia elettrica) proprio nei prossimi due anni, perchè, dopo, essi saranno tagliati fuori.

Il testo di riferimento per predisporre tutti gli adempimenti è appunto il PAN "Piano di Azione Nazionale" mandato al vaglio dell'Unione Europea in settembre. Per essere concretamente operativo gli manca però ancora la quantificazione del "burden sharing" per ciascuna regione. Ce n'è un assoluto bisogno in tempi rapidi, per andare a trattare con le Giunte ed i Consigli regionali da una posizione di vantaggio.

Infatti, questo schema non parla di criteri di sostenibilità ambientale degli impianti, ma solo di costi più bassi. Alla sostenibilità dovremo pensarci (anche) noi. Oltre che la Commissione ambiente della Camera che, proprio in questi giorni, sta alacremente lavorando sul testo di una risoluzione definitiva sulla materia eolica che, se approvata, impegnerà il Governo a provvedere.

Avendo delle cifre obiettivo precise da raggiungere a disposizione, ripartite per singole regioni, potremo, tra le altre cose, fare passare il principio che, essendoci una quota massima stabilita, sarebbe più opportuno per ciascuna Regione fare in modo di predeterminare i siti dove collocare le pale, anzichè subire una decisione altrui. Indicare i siti più opportuni e non definire le aree escluse. Tornare cioè ad essere soggetti attivi e non passivi della politica energetica. Senza lasciare l'iniziativa alle multinazionali straniere. Perchè saranno loro ad avere le maggiori possibilità, avendo le capacità di praticare i costi più bassi, stanti le nuove regole. Quei politici che speravano di favorire una molteplicità di clientele locali, ora, non avranno più margini di manovra e se ne dovranno fare una ragione. Finisce così, com'è finita con le linee guida nazionali la vergogna delle royalties ai sindaci per svendere il proprio territorio, la scandalosa era delle srl che con 10 mila euro di capitale potevano esercitare una leva finanziaria di migliaia di volte maggiore e dar luogo a repentini arricchimenti basati solo sulla spregiudicatezza e sui contatti politici."

Ricordo, per vostra conoscenza, che la stessa ANEV (la potente organizzazione confindustriale "senza fini di lucro" che "sponsorizza" Legambiente e Greenpeace) nel suo personalissimo valore obiettivo massimo di 16.200 MW installati in Italia per l'eolico al 2020 (ben superiore ai 12.000 MW del PAN) ne prevede "solo" 200 MW per l'intera Emilia Romagna. E se lo dicono loro, che sono i più interessati ad installarne la maggiore quantità possibile... Rammento altresì che lo studio CESI del 2007 per il Gruppo di lavoro Energia del CAI "in merito alla stima delle aree ragionevolmente compatibili con le installazioni di impianti anemoelettrici ... esprimono una potenzialità installabile complessiva intorno a 6.000 MW, considerando aree con producibilità specifiche teoriche superiori alle soglie di 1750 - 2000 MWh/MW... Questo potenziale potrebbe quasi raddoppiare, qualora la collettività accettasse l'onere di impegnare aree pregiate dal punto di vista ambientale." Con il PAN siamo quindi già teoricamente oltre massimo dei sacrifici collettivi (per noi assolutamente ingiustificati per l'analisi costi - benefici) di territori di pregio: non c'è bisogno di accanirsi ulteriormente proprio nella nostra regione.

Riporto poi, citandolo alla lettera, anche un altro argomento, per noi tutti fondamentale, presente nello stesso schema (all'art. 4) e che sarebbe opportuno fare rilevare agli amministratori regionali:

"Al fine di evitare l'elusione della normativa di tutela dell'ambiente, del patrimonio culturale, della salute e della pubblica incolumità, ... le Regioni stabiliscono i casi in cui la presentazione di più progetti riconducibili al medesimo soggetto per la realizzazione di impianti industriali della stessa fonte rinnovabile e localizzati nella medesima area o in aree contigue, sono da considerare come un unico impianto, prevedendo che l'autorità competente disponga la sottoposizione degli stessi al regime corrispondente alla somma delle potenze nominali dei singoli progetti. Le Regioni stabiliscono altresì i casi in cui le verifiche ambientali tengono conto degli effetti cumulativi derivanti da più progetti per la realizzazione di impianti alimentati dalla stessa fonte rinnovabile e localizzati nella medesima area o in aree contigue." Si eviterebbe in questo modo di aggirare il limite dei 5 MW di potenza, suddividendo gli impianti in entità più piccole un po' distanziate tra loro.

Considerando che, nel giro di poche, pochissime settimane tutto sarà deciso verosimilmente in senso, se dobbiamo guardare a come si sta legiferando per il fotovoltaico a terra, molto più favorevole agli interessi degli industriali (della Confagricoltura, per il fotovoltaico e cito, a titolo d'esempio, il titolo apparso sul Resto del Carlino del 2 dicembre scorso: "Fotovoltaico. La Regione cede: meno restrizioni." E stiamo parlando di un testo già prima deludentissimo!) è opportuno ed urgentissimo che le associazioni si attivino con la massima determinazione, anche attraverso i propri contatti con i dirigenti regionali, cosicchè affianchino o sostengano la nostra azione presso il Consiglio e la Giunta Regionale dell'Emilia Romagna per salvaguardare il comune interesse, evitando l'assurdo scempio che incombe sui crinali dell'alto Appennino, privo di vento utile, ancora più insensato dopo la messa fuori legge delle royalties ai Comuni (causa prima di tutto questo sostegno all'eolico, erroneamente interpretato come strumento di finanziamento della politica locale) ed il suddetto schema di decreto legge che taglierà (finalmente!) fuori dagli appetiti degli speculatori eolici le zone meno ventose. Cioè proprio quelle che interessano i comitati della Rete della Resistenza sui Crinali (l'Appennino tosco-emilianoromagnolo) e le associazioni che voi rappresentate.

Ci preoccupano in particolare le dichiarazioni dell'Assessore regionale alle attività produttive Muzzarelli che ha risposto ad una interrogazione del Consigliere Bignami sulla "costruzione massiva" di impianti eolici affermando che "l'individuazione della non idoneità delle aree sarà operata dalla Regione attraverso un'apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, delle biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l'insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensione di impianti. L'individuazione delle aree non idonee dovrà inoltre essere effettuata in congruenza con la quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili assegnata alla Regione (burden sharing)." Non ci convince soprattutto che, trattandosi di una "ricognizione", essa riguardi disposizioni già esistenti prima della comparsa sui crinali montani degli aerogeneratori alti oltre (per ora) 150 metri, manufatti cioè che non hanno mai avuto in precedenza niente con cui essere paragonati e che rendono totalmente inadeguata la legislazione ambientale e paesaggistica esistente. Ma ciò che più sconcerta è che, in un'intervista sulle energie rinnovabili all'Informazione di Parma, Muzzarelli abbia dichiarato, tra l'altro, che "Il nostro Paese ... non può più permettersi una politica di vincoli paesistici..." e che, ricevendo alcuni membri della nostra Rete, abbia affermato che "le pale diventeranno un elemento del paesaggio e ci si dovrà abituare." Se non per altro, questo stride con quanto dichiarato dall'Assessore regionale all'ambiente Lino Zanichelli, ancora poche settimane prima del voto per le ultime elezioni regionali, in materia di sviluppo delle fonti rinnovabili: "Tra queste ultime l'eolico ha un ruolo non primario, soprattutto in relazione all'impatto paesaggistico ed ambientale che comporta, data la presenza in Emilia Romagna di condizioni favorevoli limitata a poche zone di crinale montano. Proprio il rispetto scrupoloso dei vincoli paesistici e ambientali fa sì che, ad esempio, sia prevista al 2010 una potenza installata di 65 MW data da impianti fotovoltaici, mentre ci si ferma ai 40 MW da impianti eolici." Capisco che la Costituzione non preveda per gli eletti un vincolo di mandato, ma sarebbe auspicabile almeno una minima coerenza ed una continuità della politica all'interno dello stesso partito di governo nei confronti dei cittadini elettori e contribuenti. Sempre a proposito di fotovoltaico, ad esempio, la Regione è completamente all'oscuro del potenziale elettrico che in questo momento viene installato in misura massiccia in piccoli impianti per i quali è prevista la sola DIA, così come le amministrazioni provinciali, a cui spetta la VIA (e quindi, a maggior ragione, l'amministrazione regionale), ignorano del tutto la quantità di progetti eolici incombenti sul territorio emiliano romagnolo per i quali non è ancora stata presentata la richiesta di autorizzazione, ma che arriveranno in massa, nei prossimi mesi, per approfittare della prodigalità degli incentivi statali per l'ultima volta. O, almeno, si spera che sia l'ultima volta.

Ribadisco, a costo di apparire ripetitivo e troppo insistente, che è una questione urgentissima!

Grazie per l'attenzione. Confido in un'azione sinergica per il conseguimento di un obiettivo comune.

Distinti saluti.

Alberto Cuppini

Portavoce per l'Emilia Romagna della Rete della Resistenza sui Crinali.

martedì 11 maggio 2010

SI ALL'EOLICO, MA CON PROGRAMMAZIONE E PARTECIPAZIONE

.I maxi-impianti eolici e fotovoltaici devono

essere pianificati nel pieno rispetto del paesaggio

e realizzati con operazioni trasparenti

Il ricorso a fonti rinnovabili di energia e quindi la diffusione di impianti per energia pulita sono più che mai indispensabili e quindi da noi pienamente condivisi. Su questo punto non deve esserci ombra di dubbio. Tuttavia sentiamo la necessità di dire che la diffusione dei parchi eolici, anche dei mega-impianti, è avvenuta e sta avvenendo senza pianificazione territoriale, ambientale, paesaggistica, e in modo a volte assai poco trasparente (si veda il caso della Sardegna e della Sicilia), investendo e manomettendo anche panorami particolarmente belli e intatti. Di recente il Tar della Toscana ha convalidato l’installazione di un parco eolico a ridosso del Castello di Montepò a Scansano (Grosseto) e a poche centinaia di metri da vigneti di Morellino doc. Altre maxi-pale eoliche sono previste in Comuni fra l’Alta Maremma e l’Amiata (Roccalbegna, Cana, Semproniano, ecc.). Altre ancora, di 150 m., vengono minacciate nel paesaggio delle Foreste Casentinesi, versante romagnolo. Mentre si prevede di disseminare mega-impianti off-shore vicino a coste splendide come quella del Gargano.

Di recente, un referendum popolare ha bocciato con l’81 % di “no”, a Urbania, presso Urbino, un mega-parco eolico sui monti, intatti, della zona, ma gli installatori stanno tornando alla carica. Nel Sud numerosi crinali dell’Appennino sono già stati invasi proponendo, a Comuni poveri e indebitati, incentivi che non hanno compensato in alcun modo la manomissione del paesaggio e dell’ecosistema, con la fuga degli uccelli, degli insetti “buoni”, ecc. oltre a quella dei turisti, ovviamente, infastiditi dal forte rumore e da presenze comunque disturbanti. Da qui le numerose istanze di moratoria proposte anche dal Wwf.

Tutto è avvenuto, in modo disordinato, senza la definizione - d’intesa con le Soprintendenze regionali e di settore - di piani, quanto meno regionali, di “compatibilità”. Si è appena iniziato a discutere in Consiglio Superiore dei maxi-impianti off-shore. Un discorso che ora si pone con forza anche per i mega-impianti fotovoltaici, come ha denunciato di recente sulla stampa il creatore di Sloow Food, Carlo Petrini, ponendo in evidenza che con essi troppi terreni agricoli, a coltivo o a pascolo, vengono sottratti alla produzione e quindi anche alla tutela del paesaggio agrario. Un tema sollevato, con ripetuti allarmi, anche dalla Coldiretti.

In primo luogo ci sembra sbagliata la filosofia della concentrazione di maxi-impianti, sia eolici che fotovoltaici, tanto più in zone agro-silvo-pastorali. In secondo luogo ci sembra radicalmente sbagliato procedere alla loro installazione sotto la pressione di industrie produttrici o di loro intermediari, quindi in base a logiche privatistiche e speculative, con poca trasparenza. Dove realizzare allora – si obietterà - i parchi eolici e gli impianti fotovoltaici? Entrambi possono venire installati nelle aree portuali (sta accadendo a Savona ad opera di quella Autorità portuale), nei poli o nei nuclei industriali pianificati a suo tempo (quando anche in Italia si pianificava) o in zone ex industriali dismesse. Mentre il fotovoltaico, che sta crescendo moltissimo e che è più adatto all’Italia dell’eolico, va installato nelle aree urbane, al di fuori, ovviamente, dei centri storici, evitando così altro consumo di suolo agricolo.

In generale, il fenomeno va al più presto ricondotto a logiche di utilità pubblica e quindi diffuso laddove non ci siano vincoli paesaggistici e ambientali e comunque, ripetiamo, non nel rapporto diretto industrie-installatori-Comuni, bensì in modo chiaro, all’interno di piani regionali. Diversamente, come sta avvenendo, gli impianti – quelli maggiori – per l’energia pulita si diffonderanno a danno di paesaggi, montani e marini, irrecuperabili, con evidenti danni culturali ed anche economici (per il turismo, culturale e naturalistico, per le produzioni agricole qualificate, ecc.).

Rivolgiamo pertanto un pressante, allarmato appello ai ministri competenti, agli organismi tecnico-scientifici del Ministero per i Beni e le Attività culturali, alla Conferenza Stato-Regioni, ai presidenti e agli assessori regionali competenti, all’Associazione Nazionale Comuni d’Italia affinché l’installazione di impianti per l’energia pulita – certamente necessari - avvenga, di qui in avanti, in modo anch’esso “virtuoso”, cioè rispettoso della trasparenza e dei fondamentali valori tutelati con forza dall’articolo 9 della Costituzione e ai quali tante volte si è richiamato, e ci ha richiamato, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Il Comitato per la Bellezza, Vittorio Emiliani, Luigi Manconi, Desideria Pasolini dall’Onda, Salvatore Settis, Marisa Dalai, Vezio De Lucia, Paolo Berdini, Irene Berlingò, Gaia Pallottino, Bernardo Rossi Doria, Gianfranco Amendola, Corrado Stajano, Maria Pia Guermandi, Antonio Pinelli, Edoardo Salzano, Pier Luigi Cervellati, Andrea Emiliani, Rita Paris, Antonio Lubrano, Annarita Bartolomei, Fernando Ferrigno, Violante Pallavicino, Nino Criscenti, Giovanna Borgese, Arturo Osio, Bernardino Osio, Giuseppe Basile, Montse e Andrea Manzella, Carla Sepe, Roberto De Marco, Giuliano Montaldo, Marco Tullio Giordana, Paolo Sorcinelli, Nicola Spinosa, Renato Nicolini, Sallie Marcucci, Oliviero Beha, Enzo Marzo, Andreina De Tomassi, Paolo Baldeschi, Sauro Turroni, Clelia Arduini, Georg Frisch, Milton Gendel, Gabriele Simongini, Giuseppe Marchetti Tricamo, Carlo Catalogna, Giulio Castelli, Franco Monteleone, Magda Mercatali, Pino Coscetta, Sergio Guidi, Valentino Podestà, Paola Migliorino, Raffaella Prandi, Andrea Costa, Anna Cammarano, Sergio Bracco, Donatella Fagioli.



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